LA COLONIA FELINA

I bambini dell’Assuntina, che se glieli chiami gatti son guai

Nei posti di mare i gatti ci sono sempre stati.

 

Sarà per il pesce, di cui sono ghiotti e i cui resti si pappano nella zona del mercato, sarà per il clima mite che non stringe la propria morsa nemmeno d’inverno, sarà quel che sarà, il fatto è che c’è pieno.

Che poi -a pensarci bene- mare, pesce e clima sono un po’ gli stessi motivi che spingono me a venire.

Io ci metterei dentro anche il panorama, i ricordi di quando ero bambino, che si trovi solo ad un’ora e mezza d’autostrada, due quando proprio va male tipo “Papà, fermati, fermati, sto male!!!!!!!”…ma loro son gatti, di queste cose qui se ne possono tranquillamente fregare.

 

La prima volta che mi sono accorto di aver comprato la casa (in realtà l’hanno comprata i miei genitori, grazie grazie) proprio nel bel mezzo del territorio appartenente a quella tribù meglio nota con il nome de “I gatti del mare”, è stata una mattina di tanti anni fa, saranno ormai una trentina.

 

Non me la posso scordare, quella mattina così speciale.

Intanto era Natale -il che già di suo, di base, è un giorno niente male, specie se sei tenero di cuore- e poi perchè ho visto loro.

Anzi, furono loro a fissare me, con un’espressione che mi porto dentro da allora.

Erano quattro micini appollaiati sul davanzale della finestra, proprio sopra al termosifone; Rosso, Rossa, Azzurrina e Scaroso, li abbiamo battezzati così su due piedi, nomi che purtroppo -soprattutto per scaroso- si sono tenuti fino alla fine dei loro giorni.

 

Sono loro, quei quattro gattini lì, furbi come lo devono essere tutti i randagini del mondo, che hanno dato inizio alla colonia.

I soci fondatori, se così si può dire, de “I gatti del mare”.

 

Fu anche il giorno, quella mattina di Natale, che conobbi l’Assuntina.

 

Apparve dal nulla, senza fare nessun rumore…

“Cosa ci stai dando?” -sobbalzai, vi potete immaginare!- “non lo sai che certa roba ai gatti ci fa solo male?”.

Era tonno, ma non tonno di quei tonni normali, ed in più sarebbe dovuto rientrare fra le portate del pranzo di Natale.

L’avevo comprato a tranci interi dove non lo posso dire -si sappia solo che trattasi del negozio più caro del pianeta- che qui chiamano bottega per il gusto di prenderti per il culo quando vai alla cassa a pagare.

 

“Fai un po’ vedere”, disse l’Assuntina aguzzando la sua proverbiale vista fin dentro al piattino dal quale i mici avevano iniziato a mangiare come giovani leoni…

“Quello lì va bene”, sentenziò elargendomi un sorriso.

“E te credo”, pensai ricordando tutti i soldi che avevo speso.

 

Diventammo amici: io, i gatti e la gattara.

Fu così che si presentò stritolandomi la mano: “Io sono l’Assuntina”, “la gattara”, disse.

 

Io invece, da parte mia, non avevo nessun aggettivo pronto da aggiungere al mio nome.

Mi limitai ad un  generico “Pietro”, “sono di Piacenza”.

“Piacentino, eh? Ne conosco tanti di Piacentini”, fece una pausa, “e la maggior parte son coglioni”.

Poi chiuse, sospirando, con un per niente convinto “Speriamo bene…”

 

Andò bene.

 

Da quel giorno, quella mattina di Natale, ho tanti motivi in più per venire da queste parti.

Il clima, il pesce, i ricordi di quando ero bambino, la mia amica Assuntina e I gatti del mare.