AL LUPO, AL LUPO!

La domesticazione: storia di un’amicizia

Sebbene le prime tracce certe che possano testimoniare una relazione fra uomo e cane risalgano solo -si fa per dire!- a circa 14000 anni fa, con ogni probabilità la storia che ci apprestiamo a raccontare ha radici ben più antiche.

 

Tutto inizia con un lupo, quando i nostri antenati erano ancora cacciatori raccoglitori e non erano poi così diversi dal temibile predatore a quattro zampe.

Con il lupo, infatti, i “primi umani” avevano tanto in comune: entrambi animali sociali, vivono in gruppo, sono soggetti ad un forte sistema gerarchico, si spostano di territorio in territorio per seguire le prede e si prendono cura della prole.

Inoltre entrambi possono trasformarsi da predatori a preda di animali di taglia maggiore -come ad esempio gli orsi- e rappresentano un potenziale pasto uno dell’altro.

Si pensa che il ruolo di preda -sono stati trovati resti che testimoniano che l’uomo si cibasse della carne di lupo- abbia in qualche modo avvicinato le due specie.

I cuccioli i cui genitori venivano uccisi durante le battute di caccia, infatti, venivano portati negli accampamenti.

Questo deve essere stato il primo contatto fra noi e loro.

 

Nonostante questa primitiva sorta di familiarità, la strada per arrivare alla domesticazione è ancora lunga.

Con il termine “domestico”, infatti, si intende un animale che non teme l’uomo, dipende da lui per l’alimentazione e la cui riproduzione sia pilotata.

Non basta quindi entrare a far parte occasionalmente della famiglia umana per trasformare un lupo in cane.

La trasformazione dell’animale selvatico è avvenuta per gradi -privilegiando quei soggetti che si dimostravano più docili e meno inclini ad essere dominanti– ed ha richiesto diverse generazioni per compiersi.

Alla fine questo processo ha influito, oltre che sul carattere dell’animale, anche su alcune sue caratteristiche fisiche.

La domesticazione ha portato ad una diminuzione generale della taglia e del peso dal lupo al cane, la riduzione del cranio, l’accorciamento del muso con l’arretramento della mandibola, la perdita o la diminuzione di alcuni denti e una maggiore fragilità dello scheletro.

Il fatto poi che le orecchie siano diventate pendenti e gli occhi tondeggianti, assieme alla persistenza del gioco, ha reso il cane simile al cucciolo anche in età adulta.

Come avvenuto per i gatti, rispetto alla forma selvatica si nota una riduzione del peso del cervello di circa il 20-30% ed una maggiore esposizione a malattie e forme parassitarie.

 

Plasmato dall’uomo per poterne sfruttare le doti utili alla caccia, qualcosa di speciale deve essere successo durante questa forzata convivenza.

Se le specie domestiche sono numerose, è indubbio che il legame che l’uomo è riuscito ad instaurare con quello che una volta non era che un lupo, è davvero unico e straordinario.

Non per niente, quando si dice “il miglior amico dell’uomo”, si dice CANE.